IL GIRO DEL MONDO
"Una vacanza nel Chianti è... buon cibo, buon vino, forse il più famoso d'Italia. Relax e benessere in un distretto di pievi e borghi fra Firenze e Siena"
La strada del Chianti
Le colline del Chianti sono attraversate dalla via Chiantigiana, che collega i territori a sud di Firenze con Siena, passando per i paesini del Chianti Classico.
Innumerevoli pievi e castelli medievali legati alla storia del vino più famoso della Penisola e di grande interesse storico e artistico accompagnano lo sguardo del visitatore attraverso percorsi del gusto fra le cantine e le enoteche del territorio.
Greve in Chianti
Partendo da nord, consigliamo Greve in Chianti e la sua piazza circondata da squisite botteghe del gusto, antico mercatale del Medioevo grazie alla posizione strategica del comune fra Firenze e Siena.
Radda in Chianti
Subito più a sud troverete Radda in Chianti, cuore pulsante del vino Chianti Classico, sede del consorzio del Gallo Nero, e comune ospitante l’antico borgo medievale in frazione Volpaia, tempio dell’arte e del gusto chiantigiano.
Castellina in Chianti
Il paese vale una visita: Castellina in Chianti, centro di origine etrusca, ospita il tumulo di Montecalvario e un museo interamente dedicato al Chianti senese.
Gaiole in Chianti
Gaiole in Chianti è la sede dell’antichissima Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono e del castello di Brolio, luogo di nascita della vincente “formula Chianti”.
I vini del Chianti
I vini del Chianti: i prodotti della terra del vino italiano più amato nel mondo
Il territorio del Chianti è famoso per il vino che ne porta il nome, ma non mancano altre deliziose proposte: rossi di qualità e un dolce di produzione limitata.
Chianti Classico DOCG
Il vino più famoso del Chianti è quello che ne porta il nome.
Fra le otto sottozone del vino Chianti DOCG, una, il Chianti Classico, ha un disciplinare a sé e viene prodotto nei territori in cui la coltivazione dei vigneti destinati a tale vino ha radici storiche profonde, ossia Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti e in parte Barberino Val d’Elsa, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi, San Casciano in Val di Pesa e Tavarnelle Val di Pesa.
Tale territorio è stato delimitato nel 1932 da un decreto ministeriale che lo indicava come la “zona di origine più antica” e da allora non ha subito modificazioni.
Il vino Chianti Classico, dopo 24 mesi di affinamento, può fregiarsi dell’appellativo Riserva.
Una particolarità: il vino appena svinato può subire una lenta rifermentazione con uve autorizzate leggermente appassite. Questa pratica enologica viene chiamata governo all’uso toscano.
La storia
Attualmente la composizione del vino Chianti Classico prevede l’utilizzo di uve Sangiovese all’80%, più altre uve a bacca rossa considerate idonee e una piccola percentuale di uve bianche Trebbiano toscano e Malvasia.
Nella storia il Chianti è però una zona di produzione, e la composizione del vino lì prodotto è cambiata nel corso degli anni.
I primi documenti datati 1398 testimoniano infatti che il Chianti era un vino bianco e di scarsa qualità a giudicare dal prezzo riportato.
Già nel corso del Quattrocento, tuttavia, nel Chianti si impose il gusto dei vini rossi, ed è nell’Ottocento che nasce la composizione che possiamo gustare ancora oggi.
Il padre dell’attuale composizione del vino Chianti fu il marchese Bettino Ricasoli, abile viticoltore ed enologo oltre che uomo politico, secondo presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia.
Le incessanti sperimentazioni in vigna e sulla conservazione del vino condotte nella tenuta di Brolio diedero alla luce la prima formula per un Chianti di eccellenza: uve Sangiovese quasi al 100% per i vini da invecchiamento, Sangiovese e piccole percentuali di uve Canaiolo e Malvasia per i vini di pronta beva, formula ancora di successo a distanza di circa 150 anni.
Il consorzio
A tutela e promozione del vino italiano più famoso al mondo è stato istituito un consorzio che porta il logo del gallo nero, antica effigie della lega militare del Chianti.
La nascita del consorzio risale al 1924, anno in cui un gruppo di 33 viticoltori si riunì a Radda in Chianti per istituire un organismo in grado di delimitare i confini della produzione del Chianti e tutelare un vino allora molto imitato nel resto della regione Toscana.
Il marchio del gallo nero contraddistingue oggi il 95% delle bottiglie di Chianti Classico.
Vin Santo del Chianti Classico DOC
Il Vin Santo è un vino passito tradizionale toscano e umbro da uve Trebbiano e Malvasia.
Qui, sulle colline del Chianti Classico, prende il nome di Vin Santo del Chianti Classico. Lo si può degustare in due differenti versioni, rigorosamente regolamentate da un disciplinare.
Dalle uve Trebbiano toscano e Malvasia al 70% si ottiene il Vin Santo del Chianti Classico, di colore giallo, dal paglierino al dorato, all’ambrato intenso, mentre con l’utilizzo di uve Sangiovese al 50% si ricava un vino rosato, chiamato Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice. Entrambe le tipologie possono fregiarsi della menzione riserva dopo quattro anni di invecchiamento. Le uve destinate alla produzione del Vin Santo vengono raccolte e fatte appassire naturalmente, appese su fili in locali ventilati o sui graticci. Anticamente l’uva veniva fatta appassire appesa su fili tirati, in modo tale che gli acini che marcivano cadessero a terra senza danneggiare il resto delle uve con le muffe. In seguito vennero introdotti i graticci dove venivano coltivati i bachi da seta. Quest’ultimo metodo di appassimento è meno impegnativo ma più rischioso se si verifica la comparsa di muffe su alcuni acini.
A partire dal 1 dicembre successivo alla vendemmia, l’uva può essere trasformata in mosto e posta a fermentare in appositi recipienti di legno chiamati caratelli, oppure in barrique. La fermentazione delle uve destinate alla produzione del Vin Santo è lenta e difficoltosa a causa dell’alto contenuto zuccherino che, svolto in alcol, inibisce il lavoro dei lieviti: l’abitudine di riporre i mosti in diversi contenitori nascondeva la speranza, in passato, che in almeno uno dei caratelli la fermentazione andasse a buon fine, in modo da ottenere un vino deciso e secco. Con il tempo, i toscani hanno saputo fare di necessità virtù e far apprezzare al mondo quello che in origine era considerato un difetto, ossia l’alto residuo zuccherino nel Vin Santo.
I Supertuscan
Con il nome di Supertuscan viene indicata una grande quantità di vini prodotti a partire da vitigni internazionali e seguendo tecniche di vinificazione non riconosciute dalle DOC e dalle DOCG locali. Si tratta generalmente di vini che includono una percentuale di vitigni internazionali, soprattutto Cabernet e Merlot, spesso invecchiati in barrique francesi anziché nelle tradizionali botti di rovere impiegate in Toscana.
L’idea di produrre vini che si discostano notevolmente dalla tradizione nacque dallo sviluppo di un nuovo gusto moderno amante dei tannini, specialmente in seguito alla diffusione dei nuovi vini californiani che a partire dalla metà del XX secolo invasero il mercato statunitense, il più importante per i vini toscani.
La Toscana, con i suoi innumerevoli microclimi, è un terreno di sviluppo ottimale per qualsiasi vitigno, anche di origine internazionale. Fu così che nacque il Sassicaia dei Marchesi Incisa della Rocchetta, diventato famoso grazie ad un’attenta campagna di commercializzazione da parte del marchio Antinori e precursore dei vini Supertuscan. I vini chiamati Supertuscan non seguono un disciplinare preciso e pertanto non possono fregiarsi della denominazione di origine. Tuttavia, l’enorme successo riscontrato nel pubblico di tutto il mondo è una garanzia di qualità che non ha bisogno di riconoscimenti ufficiali.
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